Manuela Baldassarri

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Manuela Baldassarri in arte “la Malita“, di origini italiane nasce in Svizzera nel 1978 dove vive fine ad età adulta quando si trasferisce a Bolzano nel 2003. Entra nel mondo della danza all’età di sette anni iniziando con lo studio della danza classica sotto la guida dapprima dell’insegnante francese Lucienne Besse, poi frequentando la Scuola di danza classica “Dance-center” a Locarno (Svizzera). Durante lo studio di danza che durerà fino alla maggiore età, Manuela si dedica anche allo studio di altre discipline quale il pattinaggio artistico, la ginnastica attrezzistica e il teatro. In età adulta scopre il flamenco, arte alla quale decide di dedicarsi completamente. Studia in Spagna a Jerez de la Frontera con Mercedes Ruiz e per un periodo di tempo a Granada con Fuensanta “la Moneta”, Javier Martos , Patricia Guerrero, Violeta Ruiz, Raimundo Benitez. A Siviglia con Paqui del Rio nell’Accademia di Juan Polvillo, a Madrid all’Accademia “Amor de Dios” nella quale si reca regolarmente da qualche anno prendendo lezioni con Carmela Greco, Miguel Caña, Maria Juncal e Alfonso Losa. Studia inoltre in regione con vari ballerini professionisti quale Maria José Leon Soto, la Chiqui de Jerez, Manoli Rodrigues, Miguel Angel, Leonor Chamorro, Lydia Pena, Brigitta Luisa Merki, Javier Barón, Antonia Moya, Isabél Bayón, Angel Muñoz, Carmen Meloni, Belen Maya, Inmaculada Aguilar, Rafaela Carrasco, Elena Vicini.
Inizia la sua attività professionale come danzatrice di flamenco nel 2003 entrando a far parte del gruppo “Flamenco Vivo” con la quale si esibisce in vari locali in regione e all’estero. In ottobre del 2004 apre una scuola di danza flamenca a Bolzano
. Direttrice artistica e ballerina nello spettacolo “Anda Jaleo” con la quale si è esibita in Svizzera nel dicembre 2004. In febbraio 2005 in tournè in Polonia con il gruppo “Flamenco Vivo” riportando un ottimo successo di stampa e critica. Sempre nel 2005 forma un suo proprio gruppo di flamenco, “compagnia La Malita“, avvalendosi della collaborazione di noti artisti della realtà flamenca italiana e spagnola. Si esibisce sia con il proprio gruppo che partecipando a spettacoli di altri gruppi della realtà flamenca italiana. 

È stata II classificata nella categoria solisti nel Concurso Internacional de Baile Flamenco de Torino nel 2010, e I premio nel 2013, categoria Solisti Professionisti. Attualmente è parte della Compañia de baile flamenco Arte y Flamenco di Torino diretta da Monica Morra

Come ti sei avvicinata al flamenco?
Molto semplicemente, 10 anni fa feci il mio primo viaggio in Spagna, una sera a Madrid mi capitò di assistere per la prima volta ad uno spettacolo di flamenco, me ne innamorai all’istante. Quando ebbi l’occasione cominciai, ed eccomi qua!

Quando hai capito che sarebbe stata la tua professione?
In maniera presuntuosa ed incosciente… direi fin da subito!

Hai mai pensato di non farcela?
Tante volte, soprattutto all’inizio. Ora non ho più paura di non farcela, ho paura del giorno in cui scoprirò di aver raggiunto il mio limite, più che altro ho paura che quel giorno arrivi prima di quanto avevo previsto.

Chi sono i tuoi punti di riferimento?
Di punti di riferimento a livello personale fino ad ora ne ho avuti diversi (mi riferisco a colleghi e maestri che mi hanno insegnato molto e mi hanno fatto crescere a livello artistico), ma ho anche già fatto in tempo a “perderli” strada facendo. Poi ne trovi di nuovi di punti di riferimento ma l’esperienza ti ha insegnato che oramai non saranno eterni, rimarranno nella tua vita solo per un periodo e poi dovrai lasciarli andare se vuoi andare avanti, se non vuoi rimanere un “eterna principiante”.

Quante ore alla settimana dedichi allo studio?
Tante, poche, mai abbastanza… dipende dal punto di vista. A me ogni tanto sembra di vivere a scuola. Studio tutti i giorni e se salto un giorno sto già male… che tortura. I colleghi potranno capire cosa intendo. Se sto preparando un nuovo spettacolo arrivo anche a 4-5 ore al giorno e la domenica, proprio perché non ho da fare lezioni, esagero e ci passo la giornata intera davanti a quello specchio. In ogni caso con gli anni ho anche capito che non tanto è importante la quantità di ore che investi nello studio, quanto la scelta di una metodologia corretta. Devo dire che l’esperienza di studio a Madrid all’Amor de Dios mi ha aiutato molto a capire come studiare in maniera proficua e non dispersiva. Ciò che più mi entusiasma, mi intriga e allo stesso tempo mi “manda in tilt” è quando sto creando una nuova coreografia, è un momento intenso, una gravidanza mentale, la creatività esplode e non ti fa dormire la notte. È cosi difficile coreografare i propri pezzi, hai mille possibilità e personalmente ho sempre una certa difficoltà a decidere quale movimento esprime al meglio la “intencion” che voglio dare in un determinato momento della “letra”. Cambio idea mille volte. La marea di possibilità di passi e movimenti che ti da questa danza mi affascina e allo stesso tempo mi confonde e mi opprime.

Quanto ha influito il flamenco nelle tue scelte personali?
Da quando è entrato nella mia vita direi quasi completamente. Nel senso che ogni volta che mi sono trovata davanti ad un progetto personale ovviamente la prima cosa della quale tenevo conto era quella di poter mantenere e proseguire la mia carriera artistica. Fortunatamente, o volutamente, fino ad ora non mi sono trovata a dover fare scelte grosse come figli e famiglia. Però spesso mi sono chiesta come sarebbe stata ora la mia vita se non avessi intrapreso questa strada. Mi viene da pensare che forse ora avrei una famiglia tutta mia, come la maggior parte delle mie amiche. A questo pensiero però non sento del rimpianto, anche perché (e forse un po’ ingenuamente) penso che sono ancora in tempo a realizzarne una, se la vita mi offrirà questa occasione. Sinceramente non credo che la scelta della carriera precluda la possibilità ad una ballerina di realizzarsi anche a livello familiare, come alcuni dicono, e spero proprio di non dover cambiare opinione. Credo che sia una questione di volontà e mentalità. Sono cosciente però del fatto che per chi fa il nostro tipo di vita è forse più complicato trovare un partner adatto… ma la speranza è l’ultima a morire no?….

Qual è stata, se c’è stata, la più grande difficoltà che hai incontrato per raggiungere i tuoi obiettivi  di artista?
La sfiducia delle persone, la chiusura di chi non crede in te (o per meglio dire in se stesso) e cerca di scoraggiarti, colleghi compresi. E come secondo e non irrilevante problema quello della sopravvivenza. Non ho avuto una famiglia che mi ha aiutato economicamente in questa scelta e inoltre vivo lontano da dove sono cresciuta (in Svizzera) dunque i primi anni per finanziare i miei studi, pagare l’affitto di casa e mangiare, ho dovuto affrontare molti problemi economici. Ora fortunatamente, nonostante la crisi, le cose vanno meglio. Purtroppo questo è un mestiere che da questo punto di vista non ti dona mai la tranquillità.

Tecnica ed espressività. Che cosa viene prima?
Per me che di espressività ne ho sempre avuta anche fuori dalla scena, negli anni l’obbiettivo che ho messo al primo posto è stata la tecnica. Si lavora su ciò che manca non su ciò che già si possiede. Quando vado a vedere uno spettacolo (sia in Italia che in Spagna) la mancanza di espressività in un collega mi infastidisce, ma se devo essere sincera la mancanza di tecnica mi fa proprio “incazzare”. Prendo molto sul serio la preparazione tecnica di un’artista, mi sento offesa davanti a colleghi che sottovalutano la tecnica e portano in scena coreografie eseguite in maniera sporca, pressappochista. Non posso vedere una danzatrice fuori asse o con poca coordinazione corporea. Sono cresciuta con la danza classica, sono molto severa in questo, posso perdonare più facilmente una “cara poco flamenca” che un’evidente mancanza di lavoro sul corpo da parte di un professionista. Tra noi ballerine italiane, per una questione di tratti somatici, siamo in molte ad avvicinarci esteticamente all’immagine della ballerina di flamenco “spagnola”, ma ne ho viste troppe che, approfittando dell’ignoranza del pubblico, basano su questo il loro successo. Come potrete immaginare, lo stesso senso critico (se non di più) che ho nei riguardi dei colleghi, lo rivolgo anche nei confronti di me stessa. Tra vari altri motivi, sicuramente questo è un elemento del nostro lavoro che porta a vivere stati d’animo a volte pesanti e contrastanti e tutto ciò influenza inevitabilmente anche le relazioni personali.

Ti senti più artista o più insegnante?
Mi sento tutti e due. Sono due ruoli che vivo in maniera molto diversa. A 30 anni, come immagino tanti altri miei colleghi, vorrei poter fare meno lezioni e più spettacoli, poiché in questo momento della mia carriera ciò che sento di più urgente da approfondire è la mia professionalità in qualità di danzatrice.

Qual’è il messaggio che vorresti trasmettere ai tuoi allievi?
Che il flamenco è per tutti ! (non credo in un flamenco territoriale), ma che il flamenco non è per tutti! (credo che il talento o la semplice predisposizione appartenga a pochi volenterosi)

E quale al pubblico?
In sostanza lo stesso messaggio che per gli allievi. Cercando di dare sempre un immagine di serietà a quest’arte e a chi la esercita, anche quando prende una piega “festera”.

Quale tipo di pubblico vorresti conquistare?
Semplicemente quello capace di entusiasmo e disposto a lasciarsi emozionare dalla nostra arte.

Qual’è il tuo rapporto con gli altri colleghi?
Con le persone con le quali lavoro a me sembra buono, anche se non sempre è facile dato che essendo “quattro gatti” non hai tanta possibilità di scelta… poi bisognerebbe chiedere a loro come si trovano a lavorare con me (hihihi). Ciò che mi aspetto da un collaboratore è soprattutto professionalità, correttezza e se non è troppo un po’ di entusiasmo (la complicità in scena la ritengo un dovere, indipendentemente dai rapporti tra i componenti). In sostanza mi aspetto le stesse cose che cerco di dare io quando vengo chiamata a collaborare con altri gruppi.

Quali sono i tuoi progetti attuali?
Progetto è una parola grossa. Al momento ho alcune date previste qui a Bolzano con il mio nuovo spettacolo “Duende”. Dato il periodo come tutte le scuole stiamo ultimando la preparazione dello spettacolo di fine anno con gli allievi, e in luglio è previsto un mini tour con colleghi torinesi in Calabria (se tutto va bene!). Poi me ne andrò a Madrid e a settembre a Siviglia, ovviamente per studio. Sarà un’estate intensa come sempre.

C’è stato un momento della tua carriera particolarmente emozionante e per questo indimenticabile?
Ce ne sono stati sicuramente diversi, in particolare i momenti nei quali ho condiviso la scena con colui che allo stesso tempo era  mio partner, mio maestro e punto di riferimento fondamentale sia personale che professionale. Questi ricordi rappresentano fino ad oggi i momenti più intensi, emozionanti e rappresentativi della mia evoluzione artistica.

E che cos’è che non hai ancora fatto ma che speri un giorno di fare? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe poter collaborare con compagnie di alto livello per poter approfondire la mia esperienza artistica e personale. Ma soprattutto poter portare in teatro in varie città d’Italia uno spettacolo ideato e realizzato da me, avvalendomi della collaborazione di validi artisti. Stimo e ammiro le colleghe che sono arrivate a questo. Nel frattempo mi dedico in maniera ossessiva allo studio per prepararmi al meglio, sperando che presto mi si presentino delle possibilità interessanti.

Qual’è l’artista/collega (bailaor, cantaor, tocaor) della scena attuale che più corrisponde al tuo gusto e che più ti emoziona?
Senza fare nomi, mi ha emozionato qualche ballerina di Roma. In generale mi emozionano colleghi che hanno raggiunto un’alta qualità del movimento e allo stesso tempo una “flamencura” da fare invidia agli spagnoli stessi. A livello spagnolo non ho problemi ad affermare, anche se sembrerà scontato, che la danzatrice che mi fa venire la pelle d’oca è ancora in assoluto Eva la Yerbabuena.

La tua meta ideale: Sevilla, Jerez, Madrid o…?
A livello professionale i soggiorni di studio a Madrid devo dire che fino ad ora sono stati i più proficui, a livello personale prediligo l’Andalusia, in particolare Granada, città nella quale mi sono recata più volte e che oramai sento come seconda casa.

Tradizione o modernità?
Cerchiamo almeno di conoscere bene la tradizione, prima di fare i “moderni”… diffido delle versioni “fusion-contemporanee” del baile flamenco, ad eccezione di pochi “geni” della realtà flamenco spagnola. Spesso nei tentativi di modernizzazione o fusione del baile, intravedo una semplice “scorciatoia” per evitare la grande scalata che prevede lo studio basico del movimento tradizionale flamenco. Ammetto anche di essere prevenuta a riguardo, poiché in passato ho avuto un’insegnante che quando ci mostrava un movimento “strano” e non contestualizzabile nella danza flamenca, lo giustificava come movimento “flamenco-contemporaneo”. Ora che ho più esperienza ripensando a quei passi so per certo che di contemporaneo non avevano niente, erano semplicemente incorretti, e trasgredivano alle più basiche regole della danza. Cose di questo genere negli anni mi hanno fatto innervosire parecchio e reso una persona critica… d’altronde se mi chiamano “La Malita” un motivo ci sarà, il buonismo diciamo che non è tra le mie qualità migliori… anche se ammetto che con gli anni mi sono data una calmata!

Pensi che ‘il Duende’ sia solo una prerogativa del popolo gitano o spagnolo?
Tutte cazzate! Ops… scusate l’essenzialità.

Il tuo più grande difetto come artista e come persona
Bè… immagino siano già emersi durante l’intervista: polemica, egocentrica, con una personalità che si alterna tra senso di superiorità e senso di insicurezza e frustrazione…. Insomma i difetti tipici di ogni artista… chi più chi meno…

Il tuo più grande pregio come artista e come persona
Forse l’impegno, la caparbietà e la forza di volontà che metto in ciò che faccio… questa è una mia forte caratteristica sulla quale sia io sia i miei colleghi e amici possono contare.

La prima letra che ti viene in mente…
…si no tiene sonikete… paque te mete… paque te mete!

A che cosa pensi un momento prima di salire sul palcoscenico?
Assolutamente solo al mio pezzo. Mi faccio ispirare ed inebriare dalla chitarra e dal cante che lo introducono, divento un tuttuno con il “palo” che sto per danzare. Sento il piacere dell’adrenalina che mi sale in testa, l’emozione intensa… e via in scena. È stupendo.

Ascolti altri generi musicali oltre al flamenco? Se si quali?
Certamente, anzi lo ritengo fondamentale per noi professionisti, è un modo per “staccare”. Da buona figlia di emigrati amo molto la musica italiana da cantautore soprattutto anni settanta-ottanta, mi ricordano l’infanzia e l’adolescenza. Poi apprezzo la bossa nova, il reggae, il jazz e il rock. In ogni caso più che al genere mi appassiono al gruppo, non sopporto la musica commerciale in generale.

L’ultimo film che hai visto al cinema? L’ultimo libro che hai letto se preferisci…
Ieri sera “the Wrestler”. Stupendo. Una settimana fa passando davanti al cinema e vedendo il manifesto pensai “questo non lo andrò a vedere mai….roba da maschi!”, e invece mi sbagliavo. Film di grande contenuto umano, lo consiglio, inoltre ho trovato nella storia del protagonista (un fantastico Mickey Rourke) delle analogie con quella che può essere la vita artistica. Sto leggendo “Venuto al mondo” di Margaret Mazzantini, sempre per rimanere sul leggero no…

La tua giornata ideale?
Ideale o reale? Bè al momento non fa tanta differenza tra una e l’altra, dunque riassumendo la mia giornata:
Mattina: dormire fino a che ho sonno, uscire con il cane a bere il caffé, rientro a casa apertura della posta elettronica: gestione clienti, contatti, allievi… insomma vita da ufficio.
Pomeriggio: seconda uscita con il cane, commissioni varie, pranzo ad orario andaluso, un paio d’ore prima dell’inizio delle lezioni a scuola per studiare da sola
Sera: lezioni, lezioni, lezioni
Notte: bagno caldo, cena orario assurdo, film notturno, lotte nel letto per scacciare il “sonido” di qualche “remate” che non mi lascia dormire.

Un consiglio per i nostri lettori che vogliono fare del flamenco la loro professione
Andate per gradi innanzi tutto (non ci si costruisce una vita artistica da un giorno all’altro), prendete coscienza bene della realtà flamenca lavorativa attuale (sempre che esista) in Italia, ma soprattutto siate ben sicuri di avere le spalle abbastanza larghe per poter affrontare tutte le difficoltà personali e sociali che una scelta del genere comporta. E in fine la domanda sostanziale da farsi è questa: “ Se volessi potrei sottrarmi a questo destino? Se volessi potrei fare altro nella vita?” la mia risposta è sempre stata un “no” e di conseguenza non c’è più niente da dire o da decidere, c’è solo da rimboccarsi le maniche.

Il tuo compagno/a ideale: dentro o fuori dell\’ambiente flamenco?
Uno dentro e uno fuori ovviamente…. Hihihi… scherzo! Ho vissuto ambedue le esperienze e non sono ancora arrivata ad una soluzione ideale. Forse di un altro pianeta potrebbe essere una possibilità?

Il flamenco in una parola
Citando il titolo dello spettacolo di una collega, direi semplicemente “mi vida”.

>Ringraziamo Manuela, per ulteriori informazioni:

Videos:

Aggiornata al 12 Luglio 2013

Un pensiero su “Manuela Baldassarri

  1. Ringrazio chi mi ha coinvolto in questa iniziativa, lo trovo un gesto di grande considerazione e riconoscimento nei riguardi di noi professionisti italiani.

    Besos, La Malita

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