Camarón de la Isla

… porque la vida se acaba
y no quiero morir soñando
como muere la cigarra.
La vida, la vida, la vida es,
es un contratiempo la vida es…

 

José Monge Cruz, in arte Camarón de la Isla, nasce a San Fernando, nella baia di fronte a Cadice, il 5 Dicembre 1950 ed è considerato il più grande cantaor flamenco di sempre. Figlio della canastera Juana Cruz e Juan Luís Monge Núñez, José nasce in una numerosa famiglia gitana, sesto di otto fratelli.
Deve il suo soprannome allo zio José che per via della magrezza, dei capelli rossi e della pelle bianca, lo ribattezzò “Camarón” (ovvero “gambero”). Successivamente, dato che la sua città natale si trova nella Isla de Leòn, meglio conosciuta come la Isla (l’isola), Camarón aggiungerà questo toponimo al soprannome per creare il suo nome d’arte completo.

Camarón de la Isla è un nome imprescindibile per comprendere il cante jondo della seconda metà del XX secolo. Infatti egli è stato, ad opinione di molti, un rivoluzionario del cante che ha contribuito, insieme a Enrique Morente, alla rinascita di un genere che attraversava una grande crisi, transformandolo da dentro e rispettando comunque la sua essenza più genuina.

Mia madre mi ha partorito cantando por bulerías” diceva spesso nelle sue interviste Camaròn. A cantare in famiglia era sia suo padre che sua madre, ma Camarón diceva di aver appreso il cante proprio dalla madre, e dai vecchi artisti che frequentavano il cortile di casa sua come Pastora Pavón/La Niña de los Peines, La Perla de Cádiz, Manolo Caracol, Arturo Pavón, El Pinto. In questo stesso giardino, bevendo vino e mangiando, Camaròn ascoltava la madre cantare le sue bulerías, i suoi tangos, i suoi fandangos. Palos che egli stesso imitava già in tenera età.

Dopo un breve carriera scolastica nel collegio dalle Carmelitane, lasciò gli studi per aiutare il padre, appassionato di canto flamenco, nella fucina dove lavorava. Quando suo padre, ancora molto giovane, morì a causa dell’ asma di cui soffriva e la famiglia iniziò ad avere problemi economici, a solo sette anni Camarón iniziò a cantare in varie osterie e nella stazione tranviaria di San Fernando, con il suo amico Rancapino, anche lui cantaor con il quale si fece notare nelle feste popolari andaluse.
Nel 1958 iniziò ad essere protagonista di alcuni spettacoli pomeridiani nella Venta de Vargas, noto ristorante/bar di San Fernando; data l’età non gli era concesso di esibirsi di notte. Proprio qui venne per la prima volta notato da altri grandi cantanti. Pare che Juan Vargas, proprietario della bottega che porta il suo stesso nome, insistette con il suo amico intimo Manolo Caracol, perché ascoltasse cantare il giovane cantaor flamenco. Caracol dopo avere ascoltato il dodicenne Camaron, in un primo momento non fece commenti. Questa sua strana reazione diede luogo ad interpretazioni molteplici e contrastanti. Ma egli aveva riconosciuto il suo talento e quindi lo spinse a presentarsi nel 1962 al Concurso de Cante flamenco del Festival de Montilla.
>Di fatto la madre, perché potesse partecipare, fece passare il suo figlio dodicenne, ancora troppo giovane per partecipare al concorso, per un ragazzo di sedici anni, falsificando i suoi documenti.Camarón vinse, decretando così l’inizio della sua carriera professionale.

Lavorò in tutta L’Andalucia, soprattutto a Cadice e dal 1964 nella Taberna Gitana de Málaga di Manuel de los Reyes per due anni. Al seguito nel 1966 si trasferisce a Madrid, lavora per i tre anni successivi nelle compagnie di Juanito Valderrama, Dolores Vargas e Antonio Arenas. Fu questo un periodo di autentico rodaggio per il cantaor di San Fernando. Da questo momento cominciò ad andare in tour per l’Europa e l’America ed iniziò a lavorare con diversi chitarristi tra cui Tomatito, Paco de Lucia, Vicente Amigo, Fernando Ricas, Kiko Arguello e Paco Cepero.
Sempre nel 1966 vinse il primo premio al Festival del Cante Jondo di Mairena del Alcor.
Nel 1968 Camarón entrò a far parte in pianta stabile dello spettacolo del locale di flamenco Torres Bermejas di Madrid, nel quale rimase per dodici anni accompagnato dalla chitarra di Paco Cepero. Ogni giorno il suo nome divenne più popolare ed è così che partecipò alla pellicola Casa Flora, interpretata anche da Lola Flores.
Proprio al Torres Bermejas fece la conoscenza del chitarrista Paco de Lucía, con il quale ha registrato ben nove dischi tra il 1969 e il 1977; in queste opere furono diretti dal padre di Paco, Antonio Sánchez Pecino e coadiuvati dal fratello Ramón de Algeciras. In questi anni avvenne la sua maturazione canora, passando da uno stile ortodosso ad uno più personale. Il loro primo disco, chiamato “El Camarón de la Isla con la colaboración especial de Paco de Lucía”, uscì nel 1969 quando Camaron aveva 19 anni e Paco 21. Segnò l’inizio di una rivoluzione musicale e il tango “Detrás del tuyo se va” fu solo il primo dei successi del duo. Il disco ha aire gaditano e alcune tracce sono influenzate da la Perla de Cadiz. Sánchez Pecino manterrà il titolo di questo primo lavoro anche nei dischi successivi con l’obiettivo di preservare la carriera solista del figlio; per questo motivo questi album verranno poi ribattezzati con il titolo del primo brano che li componeva.
Nel 1970 uscì il secondo lavoro del duo. La composizione dei pezzi figurò a nome di Antonio Sanchez e in quattro brani a nome di Antonio Fernández, in arte Fosforito. Continua a comparire l’intestazione degli anni antecedenti, “El Camarón de la Isla en colaboración…” anche nel disco che realizzarono nel 1971. Le letras figurano sempre a nome di Antonio Sanchez, cioé il padre di Paco.

Canastera” fu il successivo album della mitica coppia. Uscì nel 1972 e fu motivo di forti polemiche per la reazione di quello che si potrebbe definire “il ramo ortodosso degli aficionados”; attraverso questo nuovo lavoro si presentò un nuovo modo di fare cante: la Canastera.

Il tema si basa su un fandango de Huelva ma viene reinterpretato in maniera del tutto insolita e fuori dagli schemi. Nelle produzioni successive i due artisti ritornano all’ortodossia e al flamenco più puro, fino ad arrivare al 1976 con “Rosa María” in cui la coppia ripropose uno stile di cante innovativo e rivoluzionario. Di “Rosa María” il pezzo che è diventato più popolare è il tangos che gli dà il nome. Come novità appaiono delle sevillanas e una bamberas, stili inconsueti in bocca a Camarón.

Nel 1976 Camarón si sposò con Dolores Montoya, soprannominata La Chispa (la “scintilla”), nella città La Línea de la Concepción, accompagnato da suo fratello Manuel e dalla bailaora Manuela Carrasco. I due avranno quattro figli.
Proprio La Chispa, nel 2008, pubblicò la biografia di suo marito “La Chispa de Camarón: La verdadera historia del mito contada por su viuda” in cui ritrae il marito come una persona “muy normal, una persona hogareña que consideraba su casa y su familia como algo sagrado; un hombre que nunca vivió de su personaje artístico y que cantaba porque le pagaban y podía vivir de ello, amén de que la música siempre le había interesado”.

Nel 1977 pubblicò l’ultimo lavoro con Paco, concludendo questo loro primo periodo di collaborazione: “Castillo de Arena”. Il primo pezzo del disco, una bulerías intitolata “Samara”, presenta la novità di avere Camarón stesso come firmatario della letra insieme a Antonio Sánchez.

Al di fuori dei nove dischi prodotti con Paco in questo primo periodo, Camarón realizzò in forma sporadica qualche pezzo in opere collettive come “Flamencos”, realizzata da un gruppo coordinato da Antonio Arenas, nel 1968: fu la prima volta che Camarón vide uno studio di registrazione, non aveva ancora diciott’anni. In quest’opera incise quattro pezzi, due bulerías, una alegría de Cádiz e una soleares. L’anno seguente collaborò nel disco “La Historia del Flamenco”, prodotto da RCA. Questo disco fu concepito da Sabicas, che firmò tutti i pezzi. In questo lavoro Camarón interpretò due fandangos e due bulerias.

“El soñaba sobre el tiempo, Flotando como un velero
Nadie puede abrir semillas, En el corazón del sueño”

>La seconda parte dell’opera discografica di Camarón cominciò con “La Leyenda del Tiempo“, pubblicato nel 1979, che creò una rottura in tutti i sensi con i lavori antecedenti e rappresentò anche il primo disco senza la collaborazione di Paco de Lucia. Nonostante il suo spirito inquieto e la sua affinità con i valori gitani dell’epoca si prospetta all’orizzonte una rivoluzione della sua arte, “La leyenda del tiempo” sarà opera chiave per intendere il particolare universo creativo di Camarón. Il disco, prima registrazione con il suo amico Tomatito alla chitarra, fu un’autentica rivoluzione nel mondo del cante, e portò con se la prima di una lunga serie di critiche-calvario a Camaròn per l’abbandono della tradizione e del cante jondo. Chi ascoltava il disco ritornava in negozio per restituire il cd dicendo “Questo non è Camaron!”. Camaròn intensificò invece i suoi sforzi per fare del flamenco un genere più accessibile al pubblico, introducendo jazz e rock e alle critiche egli rispondeva “Non ha nessun senso cantare qualcosa che già gli altri hanno cantato se non puoi dargli niente di te stesso” Il disco è quello che si distacca di più per innovazione. Vi si trovano brani creati adattando testi di Federica Garcia Lorca.

Nel 1981 esce “Como el Agua“, lavoro nel quale Camarón torna a riunirsi in studio con Paco de Lucía. >Comincia con questo disco la decade discografica degli ottanta, decade che ha segnato per il cantaor un periodo di luci ed ombre. Il chiarore è rappresentato dal suo lavoro artistico con i trionfi ed una progressiva e positiva ripercussione nel successo di pubblico: solo successi dunque in tutti gli aspetti della sua vita artistica. Le tenebre sono invece rappresentate nell’inizio di una tossicodipendenza da eroina.

>…Si tus ojitos fueran acetunitas verde toda la noche estarìa muele que muele, muele que muele…
…Mi cuerpo alegre camina porque de tì tengo la ilusiòn… (Como el agua)

Accompagnato di nuovo da Paco de Lucía e Tomatito, nel 1983 il nome di Camarón appare in un nuovo disco intitolato “Calle Real“. Il contenuto ha molte similitudini con il disco anteriore.
Camarón presentò quindi due facce: una più commerciale che offriva nelle sue registrazioni che poco a poco venivano scoperte in tutto il mondo, e un’altra più gitana e sobria, quelle dei suoi spettacoli. Così mentre i suoi dischi erano adatti ad un pubblico aperto ed eterogeneo, i suoi concerti all’interno dei festival si convertivano in autentiche fiestas in cui il pubblico, nella maggior parte gitano, assisteva con devozione e fervore quasi mistico.

Il fenomeno andò aumentando quando Camaròn apparve nella prestigiosa cornice del Cante de las Minas de la Unión del 1983. I suoi fans, che erano già tantissimi, assistettero ad un Camarón completamente avvolto nel suo cante, e alla fine della sua interpretazione, che già generalmente terminava con un delirio d’applausi, gli spettatori se ne andarono senza curarsi dell’artista seguente. Mai c’era stata nella storia del cante un’approvazione di massa così alta, e questa era dimostrazione incontestabile per quanti avevano criticato il suo cante. Infatti la maggior parte del pubblico era gitano, che è il rappresentante più autentico e giudizio finale e supremo del flamenco. Fu in definitiva un fenomeno sociale.

Viviré” è il lavoro che uscì al mercato nel 1984 e fu un grande successo commerciale rispetto ai suoi lavori passati. Parteciparono all’incisione componenti del sestetto di Paco de Lucía. Cinque degli otto pezzi dell’opera furono scritti da Pepe de Lucía, fratello di Paco. Della direzione musicale si occupò proprio Paco de Lucía.
I<tre anni che separarono "Como el Agua" e "Viviré" possono considerarsi come il periodo nel quale Camarón definisce il suo stile, esplorando al massimo le sue possibilità all'interno della cornice della sua grande personalità creativa. Realizza i cantes rispettando le regole fondamentali che li identificano come flamenchi e, allo stesso tempo, proietta i suoi ideali sonori in uno stile che, da allora, è considerato come Camaronero.

Nel 1986 uscì sul mercato il disco “Te lo dice Camarón” che venne registrato in uno dei momenti peggiori per lo stato d’animo del cantaor. Tecnicamente il disco presentò delle deficienze che lo stesso produttore giustificò con il momento difficile che stava attraversando l’artista, fino al punto che il disco uscì senza la masterizzazione finale, dal momento che Camarón se ne dovette andare per la morte di sua madre. Nel disco si fa omaggio a tutte le persone che il cantaor ammirava e che hanno influenzato la sua vita artistica, come Antonio el Chaqueta, la Perla de Cádiz e lo stesso Paco de Lucía.
Sempre nell’86 venne condannato ad un anno di reclusione a causa delle sue responsabilità in un incidente automobilistico in cui avevano perduto la vita due persone. Non sconterà comunque la pena grazie al fatto che era incensurato.
Nel maggio 1987 si esibì per tre giorni consecutivi nel Cirque d’Hiver di Parigi, uno dei suoi più grandi successi. Sempre in quell’anno uscì Flamenco vivo“. E’ l’unico disco live che fu edito mentre il cantaor era ancora in vita. 

Estan puestos en en balanca dos corazones a un tiempo
Uno pidiendo justicia y otro piediendo venganza
Yo peguè un tiro al aire
Cajò en la arena confianza en el hombre nunca la tengas

Alla fine degli anni 80 gli effetti del consumo delle droghe da parte del Camaron si fecero evidenti. Il cantaor sopportò la sua condizione fino a quando dovette ricorrere a cure di disintossicazione dal consumo abituale di cocaina e eroina (anche se mai introdotta per via venosa). Questo e le situazioni legate agli incidenti e agli arresti contribuirono ad una serie di maldicerie che arrivarono perfino alla notizia fasulla che il cantaor avesse contratto l’AIDS.

>Nel 1989 registrò “Soy gitano“, il disco più venduto nella storia del flamenco, nel quale collaborò il chitarrista Vicente Amigo. Il pezzo che dà nome all’opera è un tangos-rumbas che diventò molto popolare. Fu il disco flamenco con i maggiori costi di produzione mai avuti , in quanto vi partecipò la sezione di archi della Royal Philarmonica Orchestra e fu registrato nel prestigioso studio di Abbey Road di Londra. In compenso fu un grande successo commerciale che servì a lanciare a livello internazionale il cantaor di San Fernando. Letras dei poeti Federico García Lorca e Miguel Hernández comparvero nei brani registrati. In relazione a quest’album Camarón dichiarò: “Il disco lo abbiamo registrato a Siviglia, abbiamo messo la voce a Madrid e lo abbiamo montato a Londra perchè vogliono far partecipare una filarmonica. Il disco sarà per metà commerciale e per metà a modo mio, possono mettere quello che vogliono ma.. io devo essere io“.

È nel 1992 che Camarón incise il suo ultimo lavoro, “Potro de rabia y miel“, nel quale venne accompagnato dalle chitarre di Paco de Lucía e Tomatito. Purtroppo le registrazioni di questo album dovettero essere interrotte a causa del peggioramento delle condizioni di salute del cantante. In una delle sue biografie si raccontano le peripezie occorse nel processo di registrazione: “E’ costato la vita stessa portare a termine la registrazione di Potro de rabia y miel. Camarón a momenti restava incosciente e non c’era chi riuscisse a farlo reagire. Il cantaor andava in studio senza sapere quel che doveva cantare, gli mettevano davanti un foglio con la strofa scritta in grande e cercava di memorizzarla. “Un cuartelillo (cioé una pausa) no?” chiedeva Camarón. Riposavano un po’, fumavano, tentavano inutilmente di rilassarsi e riannodavano la tortura. Paco gli ripeteva venti volte la base della canzone e venti volte Camarón la sbagliava. “Un’altra volta José, un’altra volta” gli chiedeva. Continuava a cantare male. Quando tutti i tecnici, i fratelli De Lucía, i musicisti e perfino gli addetti alle pulizie credevano che Camarón non sarebbe stato in grado di cantarla, mollava un’intonazione che non era quella che Paco o Pepe gli avevano cantato, ma le superava di molto in bellezza e tensione ritmica”.

Il cancro ai polmoni che gli venne diagosticato, dovuto al tabagismo ed all’occasionale consumo di droga, lo portò a morire solamente un mese dopo, nonostante un tentativo di cure negli Stati Uniti.
Avvolto in una bandiera gitana, il suo feretro fu sepolto nella sua città natale San Fernando. Era il 2 Luglio 1992. Al suo funerale c’erano migliaia di persone.

Nel 2005 la sua vita è stata portata sul grande schermo dal regista Jaime Chávarri nel film Camarón, interpretato da Óscar Jaenada e dall’attrice Verónica Sánchez.

A maggio di quest’anno il grande chitarrista Chicuelo ha voluto omaggiare il Camaron con il suo spettacolo “La Leyenda del Tiempo, 30 años después“, riarrangiando i brani contenuti nel leggendario disco e creandone di nuovi, contando sulla collaborazione di grandi artisti come i cantaores Duquende e Silvia Pérez Cruz  e la bailaora Rafaela Carrasco.

Guarda “Tiempo de Leyenda“, il documentario sulla “rivoluzione” flamenca apportata dal Camaron.

Premi
• 1973 Primo premio al concorso “Cante Jondo” Antonio Mairena
• 1975 Premio Nazionale di Canto della Catt. Flamencologia e Studi Folkloristici Andalusi di Jerez
• 1985 Trofeo Lucas López de la Peña Flamenca El Taranto di Almería
• 1992 Figlio prediletto di San Fernando
• 2000 IV Chiave d’Oro del Canto Flamenco

Altri riconoscimenti ottenuti da Camarón includono: Medaglia al Merito Artistico del Municipio di Madrid, Medaglia d’Oro della Giunta dell’Andalusia, Medaglia d’Oro delle Belle Arti, Figlio Adottivio della città La Línea de La Concepción.

Discografia

  • 1969 – Al verte las flores lloran
  • 1970 – Cada vez que nos miramos
  • 1971 – Son tus ojos dos estrellas
  • 1972 – Canastera
  • 1973 – Caminito de Totana
  • 1974 – Soy caminante
  • 1975 – Arte y Majestad
  • 1976 – Rosa María
  • 1977 – Castillo de arena
  • 1979 – La leyenda del tiempo
  • 1981 – Como el agua
  • 1983 – Calle Real
  • 1984 – Viviré
  • 1986 – Te lo dice Camarón
  • 1987 – Flamenco vivo
  • 1989 – Soy gitano
  • 1990 – Autorretrato
  • 1992 – Potro de rabia y miel
  • 1992 – Una leyenda flamenca
  • 1994 – Camarón nuestro
  • 1996 – Antología
  • 1999 – París 1987
  • 2000 – Antología Inédita
  • 2006 – Venta de Vargas
  • 2008 – Reencuentro

Fonti:

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